Tv » I Kennedy: tempo di (vera) fiction

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I Kennedy sono stati la novità della stagione, l’apertura “col botto” per La7 ed il

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suo attuale, interessante palinsesto che vede volti nuovi (come la Parodi), trasmissioni nuove (gli speciali di Mentana come quello di ieri sera su Lavitola), conferme di successi(Cuochi e Fiamme e SOS Tata) e anche prodotti seriali di qualità come, appunto, i Kennedy.

La serie è incentrata sul clan Kennedy ed in particolare sulle figure del padre e dei fratelli Bob e Jack e sulla personalità di Jacky Kennedy-che giocava di sponda tra i due.

Ora, se siete degli esperti di storia contemporanea e geopolitica, o al contrario degli amanti del genere pruriginoso-voyeristico (a cui pure i Kennedy potevano ispirarsi, vista la gran quantità di sesso presente nelle storie personali dei fratelli) la fiction non fa per voi. Per forza di cose, in 9 puntate non si riescono

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ad approfondire le vicende storiche dell’epoca, che spesso sono ignorate o accennate, mentre aspetti “piccanti” – come la vicenda Marilyn- vengono solo sfiorati e non raccontati. Quindi, se di solito guardate History channel o “Sangue Caldo“, la serie non vi è piaciuta. Negli altri casi, avrete probabilmente apprezzato la buona scelta degli attori, corrette interpretazioni, ottime ambientazioni, grande cura nei costumi e nella ricostruzione scenografica, uso moderno dei tempi narrativi con flashback e forward, buona alternanza nella trama tra piano pubblico/ piano privato, trama orizzontale e verticale e molte altre cose. In sostanza, se amate le storie, avete amato la fiction, come è successo a me.

Anzi, vi siete chiesti come mai in Italia pure quando abbiamo buone storie e discreti attori ne facciamo un pessimo uso. Ovviamente mi riferisco a “Il campione e la miss“, un’occasione sprecata, come hanno rilevato anche altri, perchè una volta tanto i due attori non erano male e non recitavano da cani, le ambientazioni erano buone e la storia (reale) si prestava benissimo ad un adattamento televisivo e finanche cinematografico. Solo che molti personaggi secondari erano francamente caricaturali, c’erano alcuni tempi morti e soprattutto tanta approssimazione.

Nulla di tutto questo c’era ne “I kennedy” che invece aveva una fattura professionale, molta cura per il dettaglio in ogni senso (dalla sceneggiatura alla scenografia, dai personaggi secondari a quelli principali) e insomma il marchio americano di “serie di alto livello” a cui le produzioni italiane (tranne debite eccezioni come “Tutti pazzi per amore“) non arrivano. Peccato, dopo i Kennedy, una serie italiana di buon livello si potrebbe fare, per esempio, sugli Agnelli. O no?

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